Questo
blog nasce per dare spazio anche ai silenzi di questa terra. Ci sono storie che
legano per sempre le vite delle persone che si riconoscono in una promessa di
impegno per la giustizia, la verità, la pace. Ci sono storie come quelle di
Pino, un giovane uomo innamorato della vita, come si deve essere alla sua età. Pino
viene ucciso per questo, per il suo essere semplicemente un giovane innamorato.
La sua storia è un altro monito nel nostro essere calabresi, che ci spinge a
non pensare che la ‘ndrangheta sia altro, lontana; a pensare che il potere
della ‘ndrangheta penetra nelle nostre vite, nei nostri corpi, nei nostri
desideri.
Ma con Pino, e con Matteo e i suoi genitori la Calabria ha imparato
il senso profondo della dignità.
Pino
è stato ucciso per “dignitudine”, e la famiglia Luzza ha reagito vivendo e
testimoniando il senso più profondo della dignità.
Loro
sono stati i primi in Calabria a costituirsi parte civile, a vivere in
solitudine la disumanità delle aule di tribunale. Hanno poi costruito, nel
silenzio e nell’azione quotidiana, quella domanda di verità e giustizia che è
una domanda di dignità anche politica. Insieme a tutte e tutti i familiari
delle vittime innocenti di questa terra, dimostrano ogni giorno che se la ‘ndrangheta
crede di aver vinto uccidendo, sbaglia. Sbaglia di grosso perché le promesse di
impegno radicate nella memoria hanno una forza dirompente, capace di andare oltre
la morte, di frantumare dinamiche di potere e di rendere liberi. Sì, la memoria
rende liberi.
Per
tutto questo a loro, alla famiglia Luzza, e a tutti e tutte i familiari delle
vittime innocenti la mia e nostra immensa gratitudine. Quel grazie pieno del
senso di dignità, libertà, democrazia.
E
il mio grazie a Matteo Luzza, amico fraterno, parte della mia comunità di
memoria, referente per i familiari di Libera Calabria, per aver donato questa
lettera, queste parole, per questo blog. Sono le parole di un fratello, alle
quali non bisogna aggiungere altro. Solo il desiderio di ascoltare, di farle crescere dentro, leggendo anche ciò che a parole non si riesce a
dire. Grazie Matteo.
...perchè sono vivi!!
Era un sabato quel 15 gennaio.
Pino uscì di casa. E non vi fece più ritorno. Per lui, e su di lui, le forze del male avevano concentrato le attenzioni.
Per Pino, 'altri' avevano pensato e immaginato che la sua morte avrebbe portato loro un ritorno in termini di 'potere' e 'onore'.
La chiamano 'dignitudine'.
"Dimostrare di avere il controllo sulla famiglia equivale a dimostrare di avere il controllo sul territorio" - "parlano così tra di loro, parlano dell'onore e della dignitudine, cioè della considerazione che gli altri hanno di te; la dignitudine è quella sorta di intersezione tra i concetti di onore e di riconoscimento pubblico e privato...la dignitudine è ciò che deve essere tutelato nella percezione altrui" (in "Onore e Dignitudine" -Falco Editore-Garofalo/Ioppolo 2015).
Pino vittima innocente di questa mentalità. Una subcultura mafiosa che storpia il vero significato dei termini e delle parole, per conseguire consenso. Usare strategicamente la violenza, colpendo un ragazzo innocente, per conseguire "potere, onore e dignitudine".
Dopo quel tragico evento, nulla è stato più come prima.
Per me, che cresciuto all'ombra di Pino (lui più grande di me di due anni), è stato come perdere parte della tua stessa vita ed esistenza.
Siamo cresciuti in simbiosi. I ricordi. Le uscite. Le piccole liti...ma Pino per me era il 'leader'.
E' successo a tutti noi che abbiamo avuto un fratello maggiore. Ricordo che quando litigavo da bambino con i coetanei...."beh ora lo dico a Pino. Pino mi difenderà". Lui è più forte.
Ricordi ed emozioni che sono sempre lì. Che ti tormentano le notti.
Che ti rincuorano allo stesso tempo, per il sol fatto che ci sono. I ricordi appunto. La memoria.
Il tragico evento, che ti cambia. Ti trasforma. Ti fa provare tanta rabbia, tanto dolore. Tanti perchè..."perchè a noi, perchè alla nostra famiglia. Perchè a Pino".
Ed il dopo.
I giorni dopo. I mesi dopo. Gli anni dopo.
I giorni dopo, fatti di lacrime. Silenzi. Dolore.
I mesi dopo, fatti di prime elaborazioni. E più i mesi passano più questa tua metamorfosi si manifesta. Inizi, o meglio, riesci, con fatica, con dolore, a far uscire dalle tue labbra qualche piccola sommessa parola su di lui. Ma funziona come il mantice della fisarmonica. A piccole aperture, seguono veloci chiusure.
Parli di lui...ma subito ti chiudi. E nuovi silenzi.
Gli anni dopo, fatti di tante cose belle. E' vero. Quando uccidono un familiare, anche il resto della famiglia viene colpito a morte.
Ma la straordinarietà del dopo è altro.
Se hai la fortuna di incontrare sul tuo cammino persone 'speciali'.
Altri che come te hanno subito lo stesso dolore e le stesse sensazioni ed emozioni.
Se hai la fortuna di incontrare sul tuo percorso tanti bei volti e tante belle persone.
E da loro e con loro, tutti quei perchè impari a trasformarli in altro.
Si trasformano in impegno. Impegno a tenere viva ed alta la memoria che non va assolutamente dispersa. Memorie, vero sì, private, ma che messe tutte assieme, diventano per forza di cose, per dovere e senso civico, memorie collettive.
Sarebbe peccato mortale e grave, ucciderli una seconda volta.
La si darebbe vinta alle forze del male, che preferiscono il silenzio e la rassegnazione.
Ti rendi conto che tutti quei perchè, non restituiscono dignità alcuna nè a Pino nè a tutte le vittime innocenti della criminalità organizzata.
Quei perchè devono per forza diventare altro. Devono essere altro.
Ed appunto il 'dopo'. Il dopo fatto di percorsi. Il dopo fatto di impegno. Il dopo fatto di un camminare lungo i sentieri della speranza per ribadire sempre con forza che vince sempre la vita. Vince sempre il bello. Vince sempre la voglia di fare di più.
Il dopo fatto di voglia di mettersi in gioco. Il dopo fatto di belle esperienze che vivi e costruisci.
Il dopo fatto dai volti e dagli sguardi di centinaia e centinaia di ragazzi che incroci, che dicono una cosa sola.
Ci siamo. Siamo con voi. Siamo vicini al vostro dolore e assieme possiamo essere comunità. Fare rete. Elaborare e definire programmi e progettualità per costruire una società più attenta e più responsabile.
Il volto e lo sguardo di altrettanti ragazzi e adulti, che nel percorso della loro vita hanno sbagliato e stanno pagando per le conseguenze di quegli errori.
Ed anche lì, una parola di speranza. Si parla. Si chiacchiera. Ci si racconta e si racconta un dramma ed un vissuto.
E si ascolta. Si ascoltano storie e altrettanti drammi.
E ci si sforza di capire. Comprendere il percorso riparativo. La pena.
Tutto ha un senso.
Il senso per me, di non vedere dall'altra parte solo la persona che ha sbagliato. Solo il criminale. Solo l'assassino.
Ho bisogno, e abbiamo bisogno di non alzare muri.
Ho tantissimo rispetto della sensibilità e dei percorsi dei miei cari amici e fratelli e sorelle, familiari di vittime innocenti della criminalità che vivono in altro modo situazioni così. Le comprendo. Le accetto. Gli voglio bene.
Io sento solo il bisogno, da persona che vive una comunità, quale è Libera, di andare oltre con lo sguardo. Con la mente. Con il cuore.
Andare oltre quella barriera, per non precludere e me stesso, a Pino ed a tutti quei nomi e quei volti la possibilità di guardare l'infinito fatto delle tante cose belle di cui prima.
Perchè sono ancora vivi. Sono vivi in noi. Sono vivi con noi e per noi.
Sono vivi in quell'infinito fatto di speranza e civiltà.
Matteo Luzza