Seduta nel mio soggiorno,
guardo la schermata Skype. Attendo il collegamento con Amelia, magnifica
cittadina umbra. Oggi è 27 ottobre, ed è una di quelle date che ormai scandiscono
il tempo che scorre in un richiamo costante al nostro impegno.
Il 27 ottobre Barbara
Corvi è sparita, 9 anni fa. Sono emozionata, avrei voluto essere là, perché lo
sappiamo quanto è importante “starci”, fisicamente. Ma questo collegamento
Calabria-Umbria è simbolicamente altrettanto forte.
Quella di Barbara è una
storia che richiama alla memoria tante storie di donne, che del potere maschile
e maschilista, del potere di tipo ‘ndranghetistico sono state vittima. Richiamare
alla memoria per noi significa tanto. Significa lasciare che il ricordo diventi
rivoluzionario, significa riconoscere il valore politico di chi trasforma il
dolore privato in un atto politico, pubblico.
E’ per questo che non si può
smettere di chiedere verità per Barbara. Non possiamo non farlo. Non dobbiamo
farlo. Perché fare memoria di Barbara è fare memoria della vita, della libertà,
del suo sorriso. Lo hanno scritto le organizzatrici dell’iniziativa: “Per non
dimenticare Barbara e il suo desiderio di libertà”. Nelle foto diffuse in
questi giorni Barbara è sempre sorridente.
Barbara amava la vita, Barbara amava.
Sparire e scomparire sono verbi che etimologicamente sono il contrario di
apparire, di comparire. Chi ha fatto sparire Barbara voleva renderla invisibile.
Non lo sanno invece, che la forza delle donne che di lei costruiscono memoria e
chiedono verità ha reso ancora più visibile la sua bellezza, il suo sorriso, il
suo desiderio di libertà? No, non lo sanno. Non lo sanno che facendola sparire
hanno reso quel desiderio di libertà ancora più forte. Siatene certi. Se il
vostro intento era quello di annullare una donna, avete perso. Barbara non c’è,
ma il suo desiderio di libertà non lo fermerete mai.
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